Nel dibattito sulla sostenibilità dei sistemi la voce proveniente dagli stakeholder, che a diverso titolo esprimono la propria opinione e il proprio contributo, va assumendo una valenza crescente. Ciò si riflette sul ruolo che le associazioni dedicate all’advocacy dei pazienti esercitano all’interno dei sistemi sanitari, compreso quello italiano. Tale rilevanza non può non essere considerata anche in virtù del potere legittimante di cui le associazioni sono detentrici, e che gioca un ruolo fondamentale all’interno di contesti fortemente istituzionalizzati quale quello sanitario.
È questa la motivazione principale che ha spinto il Patient Advocacy Lab (PAL) di ALTEMS a progettare e realizzare una survey che per la prima volta a livello nazionale ha raccolto evidenze su un settore, quello dell’advocacy, ampiamente impiegato e dibattuto, ma su cui sono disponibili solo limitate informazioni.
I risultati prodotti dall’indagine hanno come obiettivo lo sviluppo di competenze e abilità tecniche di quanti operano nelle associazioni di pazienti e cittadini nell’ambito del settore salute. All’interno delle associazioni il focus della ricerca è stata la figura del leader, quale motivatore e guida dei componenti interni e esterni all’associazione stessa.
Il questionario, somministrato online a più di 300 associazioni di pazienti nel periodo compreso tra maggio e giugno 2018, si articola in 6 sezioni dedicate alla rilevazione di caratteristiche demografiche del leader, al self- assessment delle competenze comportamentali e tecniche, alla rilevazione dei tratti di leadership e alla analisi delle sfide future. Sono state ricevute 150 risposte provenienti da altrettante associazioni anche se ai fini delle analisi statistiche è stato possibile considerarne solo 93.
Ecco quanto è emerso dall’analisi dei dati raccolti. Il 65,5% dei leader rispondenti sono risultati di genere femminile, con una età media di 54 anni. Il campione ha presentato una elevata maturità nell’ambito dell’associazionismo, mostrando una esperienza media di circa 13 anni, e una anzianità come leader di associazione pari a 9,14 anni (valore medio).
I dati raccolti forniscono evidenze circa le competenze professionali legate al “sapere teorico”, al “saper fare”, e al “saper essere”, quest’ultimo legato alle competenze comportamentali. Dal lato delle competenze professionali si configurano come visibili, identificabili e misurabili. Sono maturate grazie alla formazione e all’esperienza lavorativa. Ne sono alcuni esempi la conoscenza degli strumenti informatici, la conoscenza delle lingue, l’abilità nel fundraising oppure nel raccogliere dati. I rispondenti alla survey PAL, sottoposti al self-assessment, dichiarano di possedere tali competenze in maniera molto limitata, attestandosi su dei valori medi compresi tra 1 e 1,5 in una scala da 0 a 5.
Questo dato consente di porre l’enfasi sui processi di miglioramento cui i leader di associazione possono sottoporsi con l’obiettivo di colmare questo gap. Tale sviluppo può derivare dalla partecipazione a percorsi formativi strutturati e trasversali, quali per esempio master universitari, ma anche dall’esperienza. L’ analisi di correlazione statistica indica che le competenze professionali e l’anzianità nell’associazionismo sono destinate ad aumentare assieme. L’esperienza dunque insegna e può essere anche messa a servizio di chi non ha esperienza, per esempio impiegando il mentoring tramite cui leader con maggiore anzianità mettono le proprie competenze a servizio dei più giovani.
Analizzando la dimensione delle competenze comportamentali che riguardano il “saper essere”, queste rappresentano caratteristiche intrinseche di un individuo, causalmente correlate a prestazioni efficaci. Ne sono alcuni esempi l’auto-controllo, la fiducia nelle proprie capacità, il possesso di capacità di leadership, la capacità di creare network e di intrattenere relazioni. Attraverso il self- assessment dei rispondenti emerge un possesso molto alto di tali competenze, attestandosi su valori tra 4 e 5 in una scala da 0 a 5.
Tuttavia ulteriori analisi condotte sul medesimo campione tendono a smussare almeno parzialmente questo quadro, evidenziando almeno due punti meritevoli di ulteriori riflessioni.
Il possesso di elevate capacità di leadership si scontra con l’emergere di una figura di leader caratterizzata da bassi livelli di auto-efficacia, ovvero un leader non pienamente convinto di essere in grado di svolgere la funzione di guida e motivazione per i membri dell’associazione. Dall’altro lato l’elevata opinione circa le
proprie abilità di creare network si scontra con una rappresentazione di un network di associazioni caratterizzato da legami poco frequenti. Il quadro che emerge è di leader di associazioni che nel tempo hanno maturato un proprio profilo di competenze su cui sarà tuttavia opportuno agire al fine di massimizzarne il beneficio a vantaggio non solo dei pazienti e cittadini, ma del sistema nel suo complesso.
Di Federica Morandi.