Il giorno 7 luglio si è svolta la prima riunione della cabina di regia della sanità partecipata della Regione Lazio, a cui hanno preso parte, oltre ai Dirigenti delle Aree della Direzione Salute ed integrazione sociosanitaria coinvolte nella programmazione sanitaria regionale, i 9 rappresentanti eletti dai Gruppi di partecipazione attiva di Associazioni delle varie aree patologiche (malattie rare, malattie neurodegenerative, diabete e malattie metaboliche, malattie reumatiche, malattie respiratorie, oncologia, malattie cardiocircolatorie, malattie renali croniche, salute mentale), assieme a Cittadinanzattiva per il mondo dei consumatori. Si è trattato della terza tappa di un percorso partecipativo, istituito dalla delibera 736/2019 e fortemente voluto dalla Regione sia al livello politico che amministrativo: il percorso è frutto di un disegno condiviso, presentato per la prima volta il 20 giugno 2019 nell’ambito di un’assemblea delle Associazioni e, con la raccolta delle richieste di partecipazione pervenute dalle Associazioni attraverso criteri e procedure pubbliche, avviato il 20 febbraio 2020. In questa data, poco prima dello stato di emergenza nazionale, si è tenuto il primo incontro tra la Regione e 62 associazioni, riunite prima in modalità plenaria e, successivamente, suddivise nei nove Gruppi di partecipazione, per definire l’agenda delle priorità, cui ha fatto seguito la costituzione della cabina di regia insediatasi il 7 luglio scorso.
Dalla discussione del 7 luglio sono emersi diversi elementi di attenzione, in gran parte generati a partire dall’emergenza Covid e comuni ai vari Gruppi, sia sul recupero dei ritardi su programmi ritenuti essenziali, sia sulla gestione del riavvio dell’attività specialistica sospesa durante l’emergenza per prestazioni differibili, sia sull’introduzione di nuovi modelli assistenziali che proprio l’emergenza ha reso ancora più necessari.
L’emergenza COVID è stata una tempesta che ha sconvolto il Paese e il mondo, obbligando ognuno di noi a rimettere in discussione stili di vita, priorità e sicurezze acquisite. L’impatto sull’organizzazione dei servizi sanitari è stato significativo e ha richiesto risposte rapide, operative ed efficaci per fronteggiare una situazione sanitaria inedita e peculiare, obbligando al contempo a rivedere modelli e criteri.
La Regione Lazio ha sostanzialmente retto all’impatto: 8.205 casi al 7 luglio, circa il 3,4% dei casi italiani, con un numero di contagi totali rispetto alla popolazione di 139 ogni 100.000 abitanti, rispetto alla media nazionale di 400. Ciò è stato possibile grazie a nuove modalità di lavoro multilivello e trasversali, forte spirito collaborativo e attraverso un sistema di interventi flessibile e modulare. Senza entrare nel merito delle azioni condotte, risulta evidente come l’epidemia abbia, da un lato, dato forte impulso ad alcuni interventi già programmati dalla Regione con il proprio Piano di Riqualificazione, con particolare riferimento all’ambito della continuità ospedale-territorio e al potenziamento delle cure primarie - per le quali ha altresì rappresentato occasione di verifica e revisione- dall’altro ha reso evidente la necessità di adottare nuovi modelli organizzativi per garantire l’erogazione dell’assistenza, ad esempio avviare l’operatività del telemonitoraggio e della teleassistenza di pazienti fragili, nonché per procedere sulla strada della dematerializzazione e della semplificazione delle procedure.
La situazione vissuta deve esitare in una nuova “normalità” che faccia tesoro delle lezioni apprese; per costruire una sanità più vicina ai cittadini è necessario scommettere in una collaborazione con il mondo associativo, anche per individuare nuove soluzioni alle esigenze di cura dei pazienti, soprattutto cronici; occorre altresì puntare sulla trasversalità delle azioni e superare steccati, potenziare la prevenzione, aumentare l’assistenza domiciliare, semplificare i processi con una forte spinta alla digitalizzazione, dare impulso agli interventi clinici a distanza con adeguata strumentazione ed, infine, contribuire a rendere strutturali le soluzioni innovative, sfruttando l’esperienza Covid anche come momento valutativo.
Un grande ruolo in questa direzione lo hanno proprio le organizzazioni civiche, che oggi siedono nella cabina di regia, svolgendo azione di sussidiarietà, di comunicazione condivisa, di ascolto dei bisogni
delle persone e di empowerment, di proposta e di collaborazione critica. Per un fine comune: avere servizi che siano all’altezza di soddisfare un bene pubblico come la salute da preservare e tutelare.
di Renato Botti, Direttore della Direzione Regionale Salute e Integrazione Sociosanitaria, Regione Lazio