La telemedicina, una esigenza dei pazienti

 

L’epidemia COVID19, che purtroppo continua ad imperversare in vari Paesi del mondo, ci sta lasciando molte eredità e messaggi per il presente e per il futuro. Sicuramente risulta lampante la necessità di avere sistemi sanitari forti e reattivi, capaci di garantire una risposta all’altezza della situazione. In molti paesi questi sistemi non ci sono, ma anche dove ci sono, si sono visti i limiti di servizi sotto finanziati, male organizzati, con grandi frammentazioni sul territorio. Per rispondere alle esigenze di salvaguardia di un bene pubblico come la salute ci vuole ben altro. Fortunatamente in Europa e nel nostro Paese la necessità di un cambio di guardia si sta facendo strada con la possibilità di grossi investimenti come quelli previsti dal MES, che ci auguriamo che l’Italia sia in grado di utilizzare. Senza però una progettualità nuova questi fondi potrebbero essere usati male senza una visione sul futuro del Ssn.

Molti messaggi riguardanti il nuovo volto che si vorrebbe della sanità italiana ci vengono dalle associazioni dei pazienti e dei cittadini impegnate in ambito sanitario. Dopo aver dato una grande mano nella gestione dell’emergenza mediante un impegno costante volto a ridurre le paure, la sofferenza, le inquietudini di tanti malati, così come documentato dall’indagine su COVID e associazioni realizzata da ALTEMS/PAL, si stanno concentrando sul tema della programmazione dei servizi. Ci sono molti messaggi comuni tra associazioni completamente diverse per aree patologiche e territori di provenienza. Tra questi la richiesta pressante di investire sul territorio, sull’assistenza a casa, sulla presa in carico dei pazienti cronici, sulle terapie domiciliari, sulle nuove tecnologie digitali, per andare in ospedale solo quando serve.

L’uso della telemedicina è uno dei temi forse più presenti nei documenti e negli interventi delle associazioni. Strumento sicuramente non nuovo, ma molto poco utilizzato pensando ai molteplici usi che potrebbe garantire. Eppure, tutte le organizzazioni, da quelle che si occupano di salute mentale alle oncologiche, dal campo neurologico a quello reumatologico, diabetico o – moltissimo – nelle malattie rare, chiedono a gran voce un investimento in questa direzione, collegato alla teleassistenza, al teleconsulto, al monitoraggio e a molte delle fasi di cura di un malato, con annessi altri strumenti come la cartella informatizzata e il fascicolo sanitario elettronico. Minori disagi, minori file, poche attese, più feedback, più flessibilità.

Ci sono però tre condizioni volte a garantire la buona riuscita di una strategia che punti sulla digitalizzazione delle cure: i) una regia nazionale che eviti come è avvenuto finora che ci siano mille sperimentazioni che non dialogano fra loro con una babele di linguaggi e software non comunicanti; ii) un uso intelligente degli strumenti già esistenti presso le Asl e a disposizione degli operatori sanitari, utilizzando bene quello che già è a disposizione di tutti, dalle chat ai canali digitali già operativi, onde evitare che la telemedicina diventi solo un business che alimenta sprechi o peggio oppure una cosa così complicata da realizzare da preferire farne a meno; ii) ci vuole un’alleanza e un cambio di cultura tra strutture sanitarie, operatori e cittadini in modo tale che funzioni perché tutti la vogliono, tutti sanno a che serve, tutti ne sostengano lo sviluppo, al di là delle norme e delle nuove tariffazioni seppur necessarie.

Da quanto affermano le associazioni dei pazienti i cittadini sono favorevoli e considerano questi strumenti necessari per una migliore qualità della vita e delle cure. Questa netta presa di posizione rappresenta una garanzia non indifferente per il futuro!

 

 

di Teresa Petrangolini, Direttore PAL

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