Sapere, per saper fare!


di Andrea Tagliabue
consigliere di Parkinson Italia-alumno ALTEMS


 

Sento Gratitudine per l’esperienza fatta grazie al percorso offerto dal PAL (Patient Advocacy Lab) e dal Primo Master in Patient Advocacy Management organizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.

Come Consigliere di Parkinson Italia e rappresentante del mondo associativo vorrei esprimere la mia gratitudine per l’opportunità avuta. Ringrazio quanti hanno reso possibile essere parte di un progetto tanto importante di innovazione, formazione e consapevolezza.


L’osservazione delle esigenze dei pazienti e delle associazioni che li rappresentano, le sinergie e le collaborazioni possibili, sono strumenti per la ricerca di una risposta concreta.

Concretezza. Sapere per saper fare, “un agire” comune che dà continuità a quanto iniziato in questo anno di lavoro condiviso dalle realtà rappresentate dai discenti del Master. In concreto penso ad azioni e progetti sviluppati tutti assieme.


Le attività del PAL e l’esperienza della prima edizione del Master in Patient Advocacy Management hanno permesso di fare alcuni importanti esperimenti di networking interassociativo, come nel caso delle associazioni di malati di Parkinson, riunite assieme per una finalità comune proprio grazie al PAL (Altems, 2019).

Oppure della “Maratona sul patto per la salute”, realizzata nel mese di luglio 2019 dal Ministro della salute in cui sono stati convocati tutti gli stakeholder della sanità, tra cui le associazioni dei pazienti e di attivismo civico per tre giorni di consultazione.

Alcune associazioni del PAL hanno presentato il medesimo documento di proposte, sia nel proprio intervento, sia consegnando un contributo scritto. I leader associativi intervenuti hanno ambiti di attività e patologie di riferimento molto diversi. Eppure hanno ritenuto importante, accompagnare ai temi specifici dei loro interventi una piattaforma comune, proponendo la creazione di un’interfaccia istituzionale permanente tra mondo delle associazioni e delle istituzioni, con la funzione di facilitatore della partecipazione dei pazienti e della collaborazione costante tra i diversi soggetti. Il valore dell’iniziativa non riguarda solamente i contenuti, ma il metodo, vale a dire la scelta di costruire un legame finalizzato a mettere in comune una proposta di governance partecipata del sistema sanitario, utile per tutte le associazioni.

Penso anche a progetti presentati come il Best project work “Studio di fattibilità per l’attivazione di un Servizio di Health Engagement (SHE) per gli utenti dell’ATS Agenzia di Tutela della Salute di Bergamo” di Savina Baschenis.

Alle fondamenta del Servizio di Health Engagement (SHE) c’è il protocollo evidence-based del PHE® Model, elaborato dalla Prof.ssa Graffigna e dal suo team di ricerca, non solo per la diagnosi del livello di Engagement del paziente ma anche per fornir loro un piano personalizzato di Health Engagement.


Idea che ha subito riscosso l’interesse dell’Agenzia di Tutela della Salute di Bergamo, che ha proposto di trasformare un progetto accademico in un vero e proprio studio di fattibilità, con la partecipazione e l’integrazione delle competenze dei diversi stakeholder in ambito sanitario, sociosanitario e sociale, in un processo di co-programmazione e di co-design del Servizio stesso.

Prima di scrivere queste poche righe, pensando alla community of practice che si è creata, ho sfogliato i miei vecchi appunti e vorrei chiudere con questa frase: “Un gruppo ha una conoscenza maggiore della somma delle sue parti”, (Donald A. Norman, 2011).

Con l’auspicio che questo processo virtuoso non si fermi ma, ancora grazie.

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