Il DM71 nell'ottica della partecipazione delle associazioni dei pazienti: l'importanza della formazione


Da qualche settimana è arrivato il via libera da parte del Governo al Documento “Modelli e standard per lo sviluppo dell'Assistenza territoriale nel SSN” (c.d. DM71) che ridisegna ed elabora i nuovi standard per l’assistenza territoriale. Tale documento va a delineare la Componente 1 della Missione 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) relativo alle reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale.


di Eugenio Di Brino* e Teresa Petrangolini*

 
L’emergenza pandemica del Covid-19 ha sottolineato l’importanza di rafforzare le prestazioni e i servizi erogati sul territorio, anche alla luce di nuovi modelli che vanno a generarsi alla luce dell’innovazione tecnologica. La sanità del futuro non può quindi prescindere dall’innovazione e dal rafforzamento della sanità di prossimità per avvicinare prevenzione, cure, riabilitazione ai cittadini e ai loro caregivers/familiari.
Al centro del disegno c’è la Casa della Comunità (CdC) descritta nella bozza del DM 71 come «luogo fisico di riferimento per la comunità su cui insiste, è un luogo di prossimità e di facile individuazione dove la comunità può accedere per poter entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria al fine di trovare risposta ad un proprio bisogno di salute».

Nel nuovo disegno si privilegia anche dell’integrazione tra diversi livelli di assistenza, prevedendo un approccio integrato e multidisciplinare sottolineato già negli scorsi anni in alcuni contesti. Una delle novità, però, della multidisciplinarietà riguarda il ruolo delle persone e della comunità, che diventano attori partecipanti al disegno della nuova governace valorizzandone la co-produzione sia per il modello hub sia per il modello spoke delle Case della comunità. Questo si configura come un servizio obbligatorio, così da rendere uniforme la partecipazione delle associazioni dei pazienti su tutto il territorio.

 

La grande sfida sarà ora trovare meccanismi e/o linee di indirizzo che rendano la partecipazione delle associazioni dei pazienti strutturata, alla luce delle numerose patologie che vengono gestite sul territorio. Sicuramente l’esperienza di alcune Istituzioni nazionali e realtà regionali e locali può essere un buon punto di partenza, senza dimenticarsi di guardare oltre i confini nazionali dove la partecipazione dei pazienti è una prassi ben consolidata nell’organizzazione sanitaria.

Il successo delle CdC dipenderà anche dalla loro capacità di incarnare queste linee d’azione, abbandonando logiche autoreferenziali. Un grande ruolo di responsabilità avranno anche le associazioni pazienti, che anche nell’emergenza Covid-19 hanno mostrato un’accresciuta capacità di advocacy a difesa dei pazienti.

Nuovi ruoli e una partecipazione concreta finalmente riconosciuti, con accresciute responsabilità che richiedono continuo apprendimento di competenze. E se la Pubblica amministrazione ha fatto della formazione la nuova leva per il rinnovamento, le associazioni dei pazienti non possono non continuare ad investire sulla loro formazione per accrescere le proprie competenze.

 

*Altems

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