Il valore delle associazioni di cittadini e pazienti in sanità: patrimonio per le sfide del Servizio sanitario nazionale
È possibile rendere visibile il valore delle associazioni che si occupano di tutela dei diritti dei pazienti? Come si misura il capitale sociale prodotto?
di Teresa Petrangolini, Mara Gorli, Federica Morandi ed Eugenio Di Brino


Questi gli interrogativi alla base della ricerca “Le leve per generare futuro: creare e misurare il valore delle associazioni di advocacy” presentata dall’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari (ALTEMS) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in occasione della Summer School “Patient Advocacy Camp” a Treviso lo scorso settembre.

Parlamentari, organizzazioni civiche, istituzioni e i ricercatori del Patient Advocacy Lab (PAL) di ALTEMS si sono confrontati per capire quali elementi sono alla base del valore del mondo associativo, quali ostacoli, qual è il lavoro da fare per il futuro. Il tutto in una due giorni in cui circa 90 associazioni di cittadini e pazienti, nazionali e venete che agiscono in sanità, hanno lavorato insieme per formarsi alla “sanità partecipata”, slogan comune a tutti i partecipanti. Più volte il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dichiarato che il Capitale Sociale prodotto dall’attivismo civico rappresenta una forza e una ricchezza del Paese ineliminabile ed indispensabile. La capacità di creare risposte per i cittadini e per le istituzioni, di mobilitare risorse volontarie, di dedicare tempo viene rappresentato in molti dei bilanci sociali delle associazioni, che restano uno strumento importante per riconoscersi anche se è difficile “misurare su carta” valori che spesso sono intangibili.

L’analisi, condotta su 64 associazioni, ha permesso individuare luci ed ombre di questo strumento con un’indicazione chiara circa la necessità di rappresentarsi e rappresentare pubblicamente il proprio valore. Da qui un’esigenza fondamentale: il capitale sociale deve essere fondato soprattutto sull’attivazione di legami, la costruzione di ponti, la creazione di network e azioni collettive. Non bisogna essere solo bravi e dispensatori di bene, ma è necessario mobilitare risorse che permettano a tutta la società di evolversi grazie ad una cultura fondata sulla collaborazione, il riconoscimento dell’altro, la riduzione della competizione. Per fare questo si sono messe alla prova le associazioni stesse, mediante una ricerca-azione e un focus group formato da leader associativi. Si è lavorato sulle sfide da accettare, sulla co-progettazione di piani di azione comuni, sulla costruzione del percorso per realizzarli, sulle competenze da acquisire per costruire capitale sociale tangibile e collaborativo. Tanti gli ostacoli: gestire le differenze e i conflitti, pianificare, costruire, esercitare leadership ma con umiltà. Alla fine, ne è derivato un quadro molto positivo che risponde alla domanda iniziale: è possibile costruire e misurare capitale sociale partendo da questo grande patrimonio associativo? La risposta è sì ma lavorando insieme, consapevoli delle proprie identità, delle differenze e del valore dell’altro.

“Attraverso il metodo della ricerca-intervento, questa indagine tenta di rispondere alle sfide che affrontano oggi le associazioni di pazienti. Valorizzare il proprio operato per promuovere riconoscimento interno/esterno del proprio valore, valorizzare il capitale interno per meglio adempiere al proprio mandato. Sviluppare collaborazioni fruttifere per rendere capillare il proprio impatto, proponendo un percorso di partecipazione e riflessione sulla consapevolezza della propria ricchezza interna, conoscenza del valore di altre realtà associative (inquadrandone diversità di competenze e di risorse) e sperimentazione di letture congiunte di problemi e presa in carico collaborativa” afferma Mara Gorli, Professore Associato di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

“La ricerca fornisce una buona fotografia dello stato dell’arte, con un campione eterogeneo sia per area patologica che per ampiezza dell’associazione. La motivazione più forte della redazione del bilancio sociale resta l’obbligo di legge, mentre il freno più forte è costituito dalla mancanza di risorse. Le associazioni rispondenti ritengono che sia il bilancio sociale sia gli strumenti sostitutivi individuati diano una buona rappresentazione del valore dell’associazione, ma si notano ampi spazi di miglioramento sui contenuti sia del bilancio sociale che degli strumenti sostitutivi che non riescono, a detta degli intervistati, a cogliere fino in fondo le difficoltà affrontate, il dettaglio delle attività, i processi” conclude Federica Morandi, Direttore dei Programmi Accademici e Ricerca, ALTEMS, Università Cattolica del Sacro Cuore.

 

 

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