Quando, due anni fa, mi fu proposta la possibilità di intraprendere un percorso formativo unico nel suo genere quale quello del Master in Patient Advocacy Management promosso da Altems, ho accettato senza battere ciglio.
Da operatore (come volontario) in Relacare e da impiegato (per professione) nella progettazione ed elaborazione dei testi normativi presso un’Amministrazione statale mi entusiasmava l’idea che finalmente le istituzioni avessero riconosciuto la centralità del Terzo Settore e che, contestualmente, quest’ultimo si fosse convinto della necessità di munirsi di risorse umane autorevoli e adeguatamente formate, capaci di coinvolgersi in maniera strutturata nei processi decisionali dei sistemi sanitari. Il tempo ha fatto montare in me la convinzione che un’associazione di pazienti non possa fare a meno di permearsi di una solida cultura dell’advocacy, in quanto essa costituisce allo stesso tempo giustificazione e ragion d’essere del fenomeno associazionistico dei pazienti. La salvaguardia dei bisogni del paziente non può passare solo attraverso risposte frammentarie e occasionali, piuttosto attraverso azioni metodiche e risolutorie. Non serve limitarsi a produrre un risultato a risolvere un problema, bensì occorre guardare a monte, puntare all’origine e alle cause del bisogno stesso, modellare paradigmi e strategie capaci di generare insiemi di risultati e di risolvere insiemi di problemi.
Il bisogno del paziente non è mai un semplice incidente di percorso o il frutto di coincidenze sfortunate, ma è il prodotto di fattori che possono essere corretti, facendo squadra e invocando l’intervento di chi tali fattori li ha determinati o può determinarli con le proprie decisioni.
Il Master in Patient Advocacy Management è stata quindi l’occasione perfetta per consolidare quelle competenze socio-relazionali e progettuali necessarie a trasferire le istanze dei pazienti nell’ambito dei processi di pianificazione e programmazione istituzionale. Il viaggio formativo mi ha anche posto accanto compagni di strada eccezionali, diversi per provenienza geografica, età, esperienze; determinati e risoluti in un cammino faticoso costellato di infiniti ostacoli quale è quello della malattia.
Ho attraversato per la prima volta il cancello dell’Università Cattolica a pandemia ancora in corso, con uno zainetto blu pieno solo di mascherine e disinfettante; ne sono uscito con un bagaglio umano assai più ricco e pesante.