di Martina Moro, alunna Altems

 

Ma tu, cosa vuoi fare da grande?

Questa è la domanda che spesso, spessissimo, mi sono sentita fare. Con una laurea in lingue, un master in traduzione scientifica, un attestato professionale da make-up artist e un curriculum che sembrava un’insalata mista, mi sono ritrovata un giorno ad essere anche caregiver.

Mi sono avvicinata al mondo dell’advocacy perché doveva per forza esserci qualcosa di più di tutta quella tristezza e quella rabbia che provavo ogni volta che mi toccava avere a che fare con la burocrazia o con i medici. Sono diventata volontaria e rappresentante internazionale, ho avuto la fortuna di partecipare a convegni in tutto il mondo e conoscere persone eccezionali. Anche se ovviamente la mia esperienza in associazione non è stata solo unicorni e arcobaleni, ho sempre sentito che in qualche modo quello potesse essere il mio posto. Niente mi dava soddisfazione come lavorare a progetti per migliorare la vita dei pazienti e dei caregiver, avere la sensazione di non essere sola e di non far sentire soli gli altri, e ad un certo punto ho capito che effettivamente era quella la mia strada. Per caso poi, scrollando distrattamente Facebook una mattina qualsiasi, ho trovato la notizia della conferenza stampa di presentazione del Master in Patient Advocacy Management di ALTEMS, che si era appena conclusa. Mi sono mangiata le mani per non averlo saputo prima, per non esserci stata, e da lì ho cominciato una corsa alle e-mail per richiedere informazioni. Così sono approdata al colloquio per entrare al master, durante il quale Teresa mi chiese perché volevo frequentarlo. La mia risposta fu “perché io da grande voglio fare proprio questo”.

Mi sono avvicinata al mondo dell’advocacy perché doveva per forza esserci qualcosa di più di tutta quella tristezza e quella rabbia che provavo ogni volta che mi toccava avere a che fare con la burocrazia o con i medici. Sono diventata volontaria e rappresentante internazionale, ho avuto la fortuna di partecipare a convegni in tutto il mondo e conoscere persone eccezionali. Anche se ovviamente la mia esperienza in associazione non è stata solo unicorni e arcobaleni, ho sempre sentito che in qualche modo quello potesse essere il mio posto. Niente mi dava soddisfazione come lavorare a progetti per migliorare la vita dei pazienti e dei caregiver, avere la sensazione di non essere sola e di non far sentire soli gli altri, e ad un certo punto ho capito che effettivamente era quella la mia strada. Per caso poi, scrollando distrattamente Facebook una mattina qualsiasi, ho trovato la notizia della conferenza stampa di presentazione del Master in Patient Advocacy Management di ALTEMS, che si era appena conclusa. Mi sono mangiata le mani per non averlo saputo prima, per non esserci stata, e da lì ho cominciato una corsa alle e-mail per richiedere informazioni. Così sono approdata al colloquio per entrare al master, durante il quale Teresa mi chiese perché volevo frequentarlo. La mia risposta fu “perché io da grande voglio fare proprio questo”.

Non sapevo però che quelle parole sarebbero state quasi profetiche; perché il master, oltre ad essere stata una delle esperienze più ricche della mia vita, in cui ho incontrato e conosciuto persone davvero fantastiche da cui ho imparato tantissimo, ha fatto sì che diventassi parte dello staff del Patient Advocacy Lab. Durante la mia esperienza come volontaria, ho sempre avuto la percezione che nelle associazioni ci siano molte resistenze ad evolversi, a cambiare modalità operative e comunicative, perché “abbiamo sempre fatto così”. In realtà il mondo cambia e si evolve continuamente, e sta cambiando anche il mondo della partecipazione. Le associazioni di pazienti sono sempre più spesso chiamate a dire la loro ai tavoli decisionali, ma ho sempre pensato che non basti solo essere presenti, bisogna essere ben preparati, competenti e con i dati alla mano. Per questo, ormai tre anni fa, ho scelto di frequentare il master, perché volevo essere pronta alle sfide che avrei trovato sul mio cammino di patient advocate. Volevo poter fare di più che organizzare banchetti di raccolta fondi, volevo imparare. Non avevo idea che il master mi avrebbe portata molto più lontano di quanto speravo, non solo ad imparare, ma a poter a mia volta supportare tantissime associazioni attraverso l’attività di ricerca e di formazione del PAL. Ad oggi, la mia più grande soddisfazione è poter aiutare non una sola, ma tante associazioni, attraverso i corsi di formazione organizzati da ALTEMS, la ricerca che portiamo avanti per costruire una letteratura sulle associazioni di pazienti e il master che ormai è arrivato alla quarta edizione.

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