Procurement sanitario: la partecipazione dei cittadini presupposto di sostenibilità
I cittadini e le loro organizzazioni vogliono dare un contributo attivo e qualificato alla buona riuscita delle gare che riguardano presidi, farmaci e ausili
di Teresa Petrangolini – Direttrice PAL Altems
Fino a qualche anno fa la loro partecipazione alla definizione degli acquisti sanitari e alla preparazione delle gare non era un tema in agenda: le Regioni e le Asl si occupavano in via esclusiva del procurement sanitario, mentre i cittadini erano visti unicamente quali fruitori finali. Questi ultimi dovevano in qualche modo essere riconoscenti di poter ricevere dal SSN pannoloni, siringhe, cateteri, striscette per misurare il glucosio, respiratori, sacchetti per stomie, senza pagare niente direttamente, salvo poi farlo attraverso la fiscalità generale. Inoltre, soprattutto in questi ultimi decenni la spinta verso il risparmio è stata fortissima: le gare ispirate al massimo ribasso e i tagli lineari in ambito sanitario hanno fortemente influito sulla tutela del diritto alla salute dei cittadini; la qualità e il valore innovativo dei beni sanitari hanno spesso e troppo risentito della compressione delle risorse e del contenimento della spesa.
Le cose tuttavia stanno gradualmente cambiando e per tanti motivi. Innanzitutto, la spinta del paese verso la sostenibilità: oggi è imprescindibile puntare su prodotti di valore e scommettere sulla ricerca e sull’innovazione. Il buon rendimento di un acquisto viene valutato alla luce di parametri ulteriori rispetto a quelli puramente economici, come il grado di soddisfazione delle aspettative dei pazienti e il miglioramento della loro qualità di vita, l’accessibilità e fruibilità dei dispositivi medici, la garanzia in termini di continuità terapeutica e, non meno importante, la stessa sostenibilità ambientale e sociale dei dispositivi medici acquistati. C’è quindi una grande attenzione verso la qualità e il valore, senza rinunciare all’obiettivo di ridurre i costi, razionalizzare la spesa pubblica ed evitare gli sprechi.
Accanto a questi elementi di contesto ci sono state due novità importanti: l’entrata in vigore del nuovo Codice degli Appalti, frutto di significative revisioni alla disciplina normativa sui contratti pubblici e l’emergere di un protagonismo e di una competenza civica capace di misurarsi con questi temi.
Il codice degli appalti ha portato grandi novità nel modo di fare acquisti in tutta la Pubblica Amministrazione e quindi nella sanità, delineando istituti e procedure focalizzate sulla ricerca di qualità, sull’efficienza e sulla trasparenza: la centralizzazione degli acquisti, il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa invece del minor prezzo, lo strumento degli accordi quadro, la programmazione degli acquisti, le consultazioni preliminari di mercato.
Nella realtà dei fatti, tuttavia, accanto ai vantaggi sono risultati subito evidenti alcuni limiti: oltre ai tempi lunghissimi per l’espletamento delle gare, la centralizzazione regionale, che avrebbe dovuto consentire di riorganizzare e ripensare il procurement sanitario, si è rivelata uno strumento per contenere la spesa, senza particolare attenzione al rapporto costo-efficacia e senza un’analisi dei reali bisogni delle persone. A tutt’oggi, inoltre, il coinvolgimento dei rappresentanti degli utenti manca del tutto nella fase della programmazione e lo strumento della consultazione preliminare di mercato per la predisposizione dei capitolati di gara è raramente utilizzato, benché la stessa Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) abbia chiarito che le associazioni di pazienti rientrano nella platea dei soggetti consultabili.
L’esperienza maturata in alcuni ambiti e aree patologiche ha dimostrato come la mancanza di ascolto possa portare a effettuare acquisti anche di notevole entità che non corrispondono alle esigenze dei pazienti, rischiando di produrre non solo disagi per questi ultimi ma anche sprechi per l’amministrazione pubblica. Si sono ripetute negli anni le proteste di associazioni delle persone con diabete, con patologie respiratorie, con malattie rare, con patologie oncologiche, per citarne alcune, che hanno messo in luce l’inidoneità di taluni dispositivi indispensabili per la gestione delle loro malattie. Questo doversi confrontare con il sistema delle gare ha notevolmente affinato e arricchito le competenze delle associazioni, che in molti casi sono in grado di confrontarsi sia con chi programma gli acquisti sia con chi gestisce le gare.
Da qui la spinta alla partecipazione e la richiesta di ascolto da parte delle organizzazioni dei pazienti. In tale prospettiva, è significativo il lavoro condotto da Cittadinanzattiva, coadiuvata da un ampio numero di associazioni e altri stakeholders, con l’iniziativa “La gara che vorrei” con la quale è stato disegnato un ampio programma di azione per costruire un ruolo attivo dei cittadini nelle procedure di gara, avvalendosi anche degli spazi previsti dal Codice degli appalti. A questa iniziativa è seguita l’adozione di alcuni protocolli regionali tra l’associazione e le centrali di acquisto ESTAR Toscana e Soresa Campania, con l’obiettivo di rendere sistematica la consultazione preliminare delle associazioni di pazienti e comunque renderle partecipi dei tavoli tecnici costituiti in ordine al procurement sanitario. Un’altra iniziativa apprezzabile è quella della Regione Lazio, che tramite il suo percorso di “Sanità partecipata” ha avviato un programma di incontri tra la centrale acquisti regionale e le associazioni interessate alle gare programmate. È recente la notizia che anche in Regione Lombardia, nella nuova riforma del sistema sanitario lombardo, si stia disegnando una procedura di lavoro ispirata al coinvolgimento delle associazioni nella fase di programmazione degli acquisti di dispositivi.
È sicuramente un percorso ancora in gran parte da costruire ma è indubbio che sia in atto un’evoluzione verso una partecipazione delle associazioni di pazienti nel procurement sanitario, che trova la sua premessa nella consapevolezza che il coinvolgimento dei cittadini-utenti e delle loro associazioni, apportando una prospettiva diversa da quella degli operatori economici, possa davvero contribuire alla definizione di nuovi standard di qualità degli acquisti, più completi e più aderenti al contesto in cui tali acquisizioni si collocano.