Un’aliena al Master in Patient Advocacy Management


Di Savina Baschenis

Consulente aziendale- Volontaria AOB Associazione Oncologica Bergamasca - alumna ALTEMS


 

La storia comincia… dal Corriere della Sera

Nel luglio 2018 un’amica mi inviò un articolo, dal titolo “Associazioni di pazienti: esperienza ma scarsa formazione per i manager” nel quale si illustravano i risultati dell’indagine condotta da ALTEMS su quasi 200 organizzazioni, nella quale emergevaun profilo di leadership prevalentemente femminile, con un’età media di 53,7 anni, con un forte impegno e coinvolgimento personali, motivati soprattutto da passione e dal senso della propria missione, quasi sempre basata su un sapere maturato direttamente sul campo e mai formalizzato. L’indagine evidenziava che ben il 43% dei leader non aveva mai svolto attività di formazione specifica. Da qui l’ideazione di un Master in Patient Advocacy Management, il primo in Italia, per sviluppare competenze manageriali.

Lo lessi tutto d’un fiato e pensai: “Questo è il mio profilo. Solo, all’inverso!”.

Avevo una laurea in Economia, esperienza di management aziendale di 25 anni, ero un’ex-paziente oncologica e volontaria ospedaliera ma non sapevo nulla dei sistemi sanitari. Con questo Master avrei potutorealizzare il sogno di contribuire all’empowerment del paziente e alla sua centralità nelle scelte di salute delle istituzioni.

Mandai subito una mail ad ALTEMS, sostenni il colloquio di selezione e fui ammessa.


Ritornare sui banchi dell’Università: una formazione dal basso all’alto

All’inizio mi sentivo un’aliena.

I miei colleghi erano per lo più rappresentanti di importanti associazioni di pazienti, provenienti da tutta Italia. Materie come Health Technology Assessment e Value-Based Healthcare, Organizzazione e Legislazione Sanitaria, Relazioni Istituzionali, erano per me quasi sconosciute.

I miei timori iniziali di non essere all’altezza delle materie e del contesto venne presto fugata dall’approccio e dal taglio dato al Master, che rispecchiava quanto avevo letto nell’articolo, di una “formazione dal basso all’alto”.

Docenti di grande qualità accademica e capacità di coinvolgimento, testimonianze dirette dei protagonisti delle istituzioni sanitarie e dei rappresentanti del volontariato, giornalisti ed esperti di marketing del mondo sanitario, con un ineccepibile coordinamento didattico, hanno accresciuto, dentro di me, nuove competenze e sistematizzato conoscenze acquisite nel mio percorso di paziente e nel volontariato.

L’interazione con i colleghi di studio e gli stessi docenti ha arricchito le lezioni di esperienze dirette, di soluzioni, di empatia e consentito la creazione di relazioni umane intense, autentiche e pervase dal valore della PatientAdvocacy come strumento di dialogo tra pazienti ed istituzioni.

Patient Health Engagement: dal progetto … all’istituzione sanitaria

Il Master mi ha consentito di andare oltre le aspettative accademiche.

Il mio Project Work finale, sull’attivazione di un Servizio di Health Engagement per la formazione ai pazienticronici e oncologici è diventato infatti un vero e proprio studio di fattibilità, con il coinvolgimento di un’istituzione sanitaria locale (ATS Bergamo) e delle associazioni di volontariato per la formazione tra pari. Un progetto con la validazione scientifica del PHE Model, nato proprio in Università Cattolica.


Outsider e Patient Advocacy

Vorrei dire a coloro che non si ritengono “specialisti” in questo campo ma hanno una forte motivazione, che questo Master è un mix unico di competenze, connessioni ed aiuto.

Aiuto dei docenti e dei colleghi, senza i quali non sarei andata oltre la prefazione. E non sarebbe stato premiato come Best Project Work del Master aa 2018/19.

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