Quali sono le prime impressioni che hai ricavato dal Master in Patient Advocacy Management?
E’ stato molto stimolante trovare un ambiente fertile di idee, di relazioni e alti contenuti formativi come quello universitario e condividerlo con persone molto eterogenee per provenienza, esperienze personali, professionalità, età e vissuti di patologie nelle proprie Associazioni Pazienti è stato particolarmente coinvolgente.
I principali elementi ‘vincenti’ di questa Ia edizione del Master in PAM sono stati, a mio avviso:
· l’attesa per l’innovatività del progetto formativo e l’attenzione degli stakeholder coinvolti;
· l’aver potuto frequentare in presenza tutti i moduli formativi, con l’appendice finale delle discussioni delle tesi già nella forma mista aula/remoto poche ore prima della chiusura nazionale di scuole e università per COVID-19;
· l‘energetico mix di personalità dei discenti e l’eccellente livello dei docenti e professionisti, particolarmente efficaci nella comunicazione dei contenuti e nello stimolo di idee.
Che cosa ne viene secondo te per le associazioni dei pazienti?
Il Master in PAM, grazie alla visione lungimirante, strategica ed innovativa degli organizzatori, è una grande occasione di crescita culturale e professionale per il mondo delle Associazioni dei Pazienti. E’ un’importante opportunità per migliorare le relazioni con tutti gli stakeholder in una continua contaminazione di idee, contenuti, buone pratiche e riconoscimenti reciproci nella creazione di relazioni di valore e di propensione all’innovazione.
Il mondo delle associazioni pazienti è da tempo una realtà in grosso fermento. Già prima dell’inizio del periodo del COVID-19, sono state particolarmente attive; hanno iniziato a sperimentare nuove forme di collaborazione e sono spesso andate anche oltre la logica di rappresentatività su stesse patologie o di appartenenza a stabili reti federative.
Hanno attivato temporaneamente, come singoli progetti di comunicazione, forme di collaborazione spontanea su specifici argomenti con obiettivi comuni, rispettando le differenze di capacità, conoscenze, appartenenza e dimensionamento. Hanno soprattutto rispettato il libero punto di vista di ciascuno e hanno trovato forme comuni di rappresentatività temporanea che privilegiasse l’efficacia dell’azione nella comunicazione verso le istituzioni e gli stakeholder.
In queste diverse iniziative, e uno di questi esempi è ‘Associazioni in Rete’, si sono aggregate mediamente tra le 50 e le 70 organizzazioni che hanno aderito e collaborato a nuove campagne di sollecitazione verso le istituzioni, mantenendo una loro autonomia decisionale e privilegiando il legame funzionale creato ad-hoc per il raggiungimento dell’obiettivo.
Questa modalità di fatto nasce principalmente perché a livello personale ci si ‘sceglie’ oltre l’appartenenza, si riconosce la leadership di alcune figure chiave e attorno ad esse si crea un'aggregazione spontanea che si fonda su obiettivi comuni e soprattutto sulle relazioni tra pari.
Penso inoltre che le Associazioni Pazienti costituiscano un eco-sistema molto dinamico e fluido sia nelle progettualità che nelle relazioni. Questo tipo di agilità è forse una delle caratteristiche intrinseche che più le caratterizzano nel raggiungimento del valore del proprio servizio sociale.
Come ti ha arricchito questa esperienza?
Sono entrato a far parte del mondo dell’associazionismo da pochi anni e, come professionista che opera nel privato e nella Pubblica Amministrazione, mi sto sempre più convincendo del grande potenziale che le Associazioni Pazienti, come enti del terzo settore, possono esprimere attraverso una partecipazione attiva verso e con le istituzioni e gli stakeholder. E la formazione dovrebbe essere un costante investimento sia personale che delle organizzazioni.
I percorsi di alta formazione, come il Master in PAM in particolare, sono anche straordinari attivatori di un importante ‘cambio di paradigma’ nel confronto di idee, nella costruzione di relazioni e nel consolidamento di abilità professionali e manageriali.
Sarà ora compito delle Associazioni impiegare al meglio il mix di competenze e abilità acquisite trasformandole in nuove opportunità di crescita per creare forme di collaborazione più idonee allo scopo.
Sono sempre più convinto che, all’interno rapporto “Pubblico-Privato-3°Settore”, le associazioni avranno sempre più un ruolo attivo di contaminatori di ‘valori sociali’, e nel loro percorso di crescita, saranno in influenzare maggiormente i decisori attraverso il consolidamento della propria leadership.