Rileggere le competenze acquisite sul campo formandosi in aula


di Serena Calcarella, Coordinamento APMARR APS Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare


La consapevolezza dell’importanza della partecipazione dei pazienti nelle decisioni che li riguardano è ormai radicata in Italia, ma affinché si produca un cambiamento favorevole che porti a soluzioni sperate, affinché si creino le circostanze per un intervento fattivo e propositivo, è necessario che i protagonisti del no profit siano tecnicamente pronti ad interloquire con le Istituzioni, ed il Master in Patient Advocacy Management (PAM) dell’Università Cattolica sicuramente si propone in tal senso come una formazione unica nel suo genere, perché offre una visione innovativa del Terzo Settore, perfettamente in linea con quelle che sono le attuali richieste avanzate al mondo del no profit.

Considerare il Master PAM solo in questi termini, sarebbe riduttivo. Personalmente, il Master PAM ha rappresentato una sfida: sicuramente in esso ho intravisto la possibilità di verificare la mia esperienza lavorativa nell’associazionismo e soprattutto l’opportunità di strutturare le mie conoscenze. Le mie attese non sono state deluse, anzi. Ho trovato un'ambiente stimolante, che mi ha incoraggiata a mettere in discussione, a riformulare, a volte anche a stravolgere, ciò che per me era stato, fino a quel momento, la “Patient Advocacy”. Ciò che non mi aspettavo era ciò che in realtà neanche un programma creato ad hoc e tarato sull’alto valore specialistico degli esperti del settore coinvolti poteva assicurarmi, ossia quel continuo crescere di confronti e scambi, sviluppo di riflessioni, ricerca di soluzioni condivise, rielaborati di volta in volta sulla base degli argomenti trattati, che è stato il vero arricchimento di questo percorso. Il coinvolgimento nel quale mi sono ritrovata è stata la vera sorpresa, non avevo messo in conto di scoprirmi così attivamente engaged, tanto da modificare il mio modo di vedere la Patient Advocacy dal punto di vista delle Associazioni.

Indubbiamente il Master ha spronato tutti noi del settore a ricercare una innovazione nelle forme di volontariato di cui facciamo parte, incentivando anche la creazione di buone pratiche che ci hanno permesso di credere sempre più in quel diritto di interlocuzione con le Istituzioni che appartiene alle associazioni, un diritto che non è solo dovuto, ma soprattutto necessario per produrre un cambiamento.

Opero nell’associazionismo a livello tecnico da quasi quindici anni, anni in cui ho sempre continuato ad imparare da chi lo fa per il proprio vissuto personale, e vedere riconosciuto il ruolo di queste persone come la vera risorsa su cui investire è stato importante. Ed è questo che rappresenta il Master: un investimento da parte di tutti, degli alumni che lo hanno seguito – me compresa-, di chi lo ha pensato e realizzato, di chi ci ha creduto e continua a progettarlo, rendendo disponibile una formazione accademica che, attraverso una preparazione spendibile nelle sedi opportune, possa contribuire all’autodeterminazione delle associazioni pazienti. L’obiettivo per me resta quello iniziale, quello che mi ha spinto ad intraprendere questo percorso, ossia promuovere e proteggere gli interessi delle persone con patologia per migliorare la loro qualità di vita, e l’occasione attuata da ALTEMS e Patient Advocacy LAB è la base solida per costruire quella collaborazione fra associazioni tanto auspicata, una collaborazione che grazie al Master potrà sostenersi su una valida, competente e matura capacità decisionale.

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