Acquisire competenze tecniche per un’advocacy sempre più efficace
Appartenere al mondo associativo richiede ormai competenze e professionalità sempre più strutturate, un valore aggiunto al vissuto esperienziale.
di Laura Patrucco, Patient Advocacy nazionale Onconauti
La possibilità di frequentare il Master universitario del PAL – ALTEMS come rappresentante di una comunità di pazienti, mi ha pienamente responsabilizzata al significato del promuovere la giusta causa con gli strumenti più opportuni, acquisendo profonda consapevolezza della necessità di possedere capacità più squisitamente tecniche di progettazione e di completa conoscenza del mondo delle politiche sanitarie, fino alla comunicazione istituzionale. Questo master è stato indubbiamente una sfida professionale di rilievo, per l’impegno richiesto e per la finalità di intenti, un percorso vissuto con l’entusiasmo del volontariato che va oltre il proprio curriculum lavorativo. Un’esperienza in cui il confronto è autentico, tutti con lo stesso driver motivazionale, quello della tutela del diritto alla salute da difendere, con la complicità costruttiva di una docenza che vuole essere a fianco del Terzo Settore il quale, inevitabilmente, si caratterizza per dinamiche legate al valore della Comunità.
Avvicinarsi a percorsi formativi insieme ad altre associazioni aiuta a realizzare il reale significato di concetti come competenza, dialogo, collaborazione, autorevolezza, in un sistema che metta al centro il valore della co-partecipazione per tramite di linguaggi condivisi e di una professionalità che alla fine senti appartenerti. Posso dire con certezza che al termine dell’anno di formazione ho avuto il privilegio di realizzare profondamente il vero significato per me della patient advocacy, ritrovandomi con una passione quasi inattesa per la comunicazione sanitaria, per la filosofia del valore di una sanità partecipata con i pazienti. Una formazione che mi ha permesso di trasferire una vision alternativa all’interno della mia associazione, instillando quella curiosità intellettuale che mi ha condotta, oggi, a rappresentarne la patient advocacy come strumento in primis di cultura del valoriale, dell’identità del paziente persona ambassador di una comunità dai bisogni ben precisi, un’advocacy orientata a scrivere insieme i capitoli di una Sanità sempre più inclusiva, condizione ormai imprescindibile per una nuova governance del SSN.
Un laboratorio in cui sperimentare un management sempre più strutturato ai tavoli di lavoro, naturalmente patient oriented. Perché anche le associazioni hanno il diritto e il dovere di accedervi, ma con competenze e tecnicismo, uniformandosi ai decisori politici, con la voce del paziente competente. Riconosco la piena autorevolezza della docenza che mi ha aiutata a capire dove e come meglio direzionare energie e competenze acquisite all’interno della mia associazione, realizzando il senso del servizio per la persona e non solo per il sistema. Non ultimo, nonostante il limite di una frequentazione purtroppo non in presenza, in quanto in piena pandemia, è stato un percorso formativo di vita, in cui il continuo confronto con le diverse realtà associative, mi ha regalato quel senso del fare rete, delle contaminazioni virtuose che, oggi, sono il mio cavallo di battaglia.