Cambiamenti e nuovi orizzonti
Sempre più spesso, mi capita di notare che, sin da bambini, viviamo proiettati nel futuro. Si passa, infatti, dalla classica domanda “cosa vuoi fare da grande?”, che ci viene posta quando iniziamo a coltivare i primi interessi o hobby, allo scegliere che cosa studiare, alle superiori prima e all’università poi. La sensazione, anche dopo, resta sempre quella di dover pianificare, fare progetti, avere le idee chiare e ben definite.
di Anna Paola Bianchi, AIGlico - Associazione Italiana Glicogenosi
Ho spesso pensato che, talvolta, sia necessario andare un po’ in controtendenza: prendersi del tempo per sé, per pensare, o per capire, perché può essere incredibilmente facile optare per il percorso sbagliato, se non sappiamo dove vogliamo arrivare o come desideriamo arrivarci.
Da persona che convive con una malattia cronica, più volte ho dovuto accettare che fossero necessari dei compromessi, o dei veri e propri cambi di programma – tra i più significativi, quello avvenuto qualche mese dopo la laurea.
Mi sono infatti ritrovata a fare riflessioni profonde su cosa avrei voluto e potuto fare, e sul modo in cui farlo: proprio in questo periodo è nato il mio desiderio di fare patient advocacy. La risposta è arrivata da sé, complici anche un forte senso di ingiustizia legato al modo in cui la nostra società tratta le persone disabili o che convivono con malattie croniche e rare, ma anche e soprattutto la voglia di portare avanti il punto di vista dei pazienti – cosa non scontata, visto che spesso le associazioni vengono fondate e gestite da caregiver, soprattutto da genitori di persone con disabilità o patologie.
Dopo essermi messa alla prova e data da fare, come volontaria prima e come consigliera di un direttivo poi, ho capito che l’intuizione che avevo avuto fosse quella giusta: sentirsi utili, mettersi al servizio dell’altro, potersi mettere in discussione costantemente ed essere disponibili all’ascolto sono solo alcune delle sensazioni che ho provato in questi ultimi anni, e che hanno risposto a buona parte dei miei dubbi.
Il Master ALTEMS in Patient Advocacy Management è stato un passaggio importante all’interno di questo percorso: è stato fondamentale avere la possibilità di avere un confronto con rappresentanti di enti ed istituzioni, di esperti del settore medico, farmaceutico e comunicativo – e di interagire con loro -, per poter capire quanta forza possono avere le Associazioni, e soprattutto, quanto potenziale nascosto, se sviluppate e gestite al meglio. La parte più stimolante, senza dubbio, è stato il poter dialogare con altri discenti, anche loro provenienti dal mondo dell’associazionismo o con esperienze analoghe, aprire dibattiti su argomenti di interesse comune, abbattere stereotipi e luoghi comuni, fare domande talvolta scomode o cercare insieme risposte non scontate a problemi di difficile risoluzione.
Questo master rappresenta uno dei primi, più importanti passi del mio percorso di advocacy: la strada sarà ancora certamente lunga, e potrà cambiare ancora molte volte, eppure, per ora, sapere in che direzione andare dà al tutto un altro sapore.