Innanzitutto, data la tua recente nomina come osservatore nel COMITATO SCIENTIFICO PER LA SORVEGLIANZA DEI VACCINI COVID-19, vorremmo chiederti come si sta svolgendo il lavoro del comitato e come intendi esercitare il tuo ruolo?
Il lavoro è molto interessante sia nel contenuto che nel metodo. Partendo da quest’ultimo aspetto, è davvero importante che nel Comitato siano coinvolti scienziati, di varia provenienza, e rappresentati civici come noi di Cittadinanzattiva e Medici Senza frontiere. L’aver coinvolto le organizzazioni civiche ha anche un importante valore simbolico perché è “un precedente” che ci indica che, anche per il futuro, è possibile – e anzi direi necessario - coinvolgere nelle Commissioni scientifiche rappresentanti del mondo civico.
Stiamo discutendo su una serie di temi, a partire dall’informazione e dalla sicurezza dei vaccini covid-19; un confronto che ci ha portato a realizzare anche delle specifiche FAQ sul sito dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Nonché raccomandazioni legate alla farmaco vigilanza ed in generale tutto quello che serve sapere in tema di vaccinazioni.
In particolare, il mio ruolo è quello di contribuire alla semplificazione dei processi di informazione per far sì che tutti i messaggi che ruotano intono alla vaccinazione siano non solo, come è ovvio, basati su evidenze scientifiche ma anche facilmente comprensibili a tutta la popolazione. Su questo ci aiutano anche gli esperti di comunicazione presenti nel Comitato.
Vorremmo anche chiederti una valutazione complessiva su cosa ci ha insegnato la pandemia e, in secondo luogo, quali sono le priorità della sanità di domani dal punto di vista dei cittadini?
Con la pandemia tutti i nodi del nostro sistema sanitario sono venuti al pettine, a partire dalle scelte non fatte e dagli investimenti mai realizzati e abbiamo, mi auguro tutti, acquisito consapevolezza del fatto che il nostro Servizio Sanitario nazionale non può essere considerato un costo bensì un investimento. Solo un anno fa stavamo ancora discutendo se il nostro SSN fosse stato o meno definanziato. Poi la realtà è emersa sotto gli occhi di tutti. Territorio, professioni, umanizzazione delle cure e accesso all’innovazione sono le priorità per noi ineludibili: investire sui servizi sanitari del territorio, recuperando un gap drammatico; investire sulle persone e sulle competenze; investire sull’umanizzazione delle cure affinché i cittadini abbiano servizi personalizzati e vicini alle loro
esigenze; investire sulla innovazione e l’informatizzazione perché le tecnologie possano aiutarci a rendere i servizi sanitari più vicini ai cittadini e nel contempo semplificare e sburocratizzare il lavoro dei professionisti sanitari.
Stiamo programmando la vaccinazione universale dei cittadini. Secondo te quali sono le maggiori criticità che vedi a livello nazionale e regionale e quali gli ostacoli sui processi decisionali relativi ai due livelli?
C’è bisogno di una mobilitazione di tutti per una campagna vaccinale che raggiunga gli obiettivi. In questa stagione emerge quanto vada affrontato con urgenza il nodo non sciolto del rapporto fra Stato e Regioni, uscendo dalla logica demagogica di cosa sia meglio. La realtà è che ognuno deve rispondere del proprio ruolo e delle proprie funzioni e c’è bisogno – oggi più che mai - di un rapporto davvero sussidiario perché, se un livello non risponde o non mantiene i propri impegni, l’altro deve intervenire affinché i cittadini abbiano uguali diritti e garanzie su tutti i territori. Nella campagna vaccinale (antinfluenzale e ora per quella per il Covid) abbiamo già visto che ci sono stati livelli di efficienza diversi tra le regioni, non solo nell’organizzazione dei servizi ma anche per la modalità di erogare i vaccini alle diverse categorie. Sarà fondamentale il coinvolgimento dei medici di famiglia, dei pediatri di libera scelta e delle farmacie di comunità, per due motivi: se mettiamo insieme tutte queste competenze e punti territoriali, mettiamo in campo un esercito davvero gigantesco e capillare; inoltre abbiamo la possibilità di recuperare tempo ed energia affinché le reti ospedaliere si occupino con efficienza dei malati covid e di tutti quei cittadini che nei mesi scorsi hanno visto un taglio nelle cure ordinarie non legate alla pandemia. Un esercito di persone che non ha potuto curarsi adeguatamente e che ha visto rimandarsi esami, visite, interventi, spesso con gravi conseguenze per la propria salute.
In ultimo, una domanda un po' provocatoria: ma secondo te i vaccini devono essere raccomandati oppure obbligatori?
Tendenzialmente siamo per la libera scelta, informata e consapevole. Però non possiamo considerare la scelta degli operatori sanitari e di chi assiste i pazienti equiparabile a quella di un cittadino “comune”. Un operatore sanitario può avere il diritto di non vaccinarsi ma a quel punto non può assistere i pazienti. Anche da un punto di vista etico, se sono un cittadino che va in una struttura ospedaliera o in uno studio medico, ho il diritto di sapere se chi mi cura è vaccinato o meno.